Storia della filosofia del diritto. III. Ottocento e Novecento by Guido Fassò

Storia della filosofia del diritto. III. Ottocento e Novecento by Guido Fassò

autore:Guido Fassò [Fassò, Guido]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Manuali Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2020-02-15T00:00:00+00:00


9. Tra austinismo, kelsenismo e realismo: Hart

Di molta fortuna gode oggi la dottrina dell’inglese Herbert L.A. Hart (1907[-1992]), il più recente rappresentante di quella «jurisprudence analitica» che, fondata dall’Austin, ha costantemente dominato gli studi inglesi – ed in parte quelli americani – di teoria del diritto, anche se non ha avuto eco nell’effettiva vita giuridica dell’Inghilterra. Tale fortuna è dovuta, oltre che agli intrinseci pregi dell’opera dello Hart, al fatto che egli innesta nella jurisprudence analitica molti elementi del kelsenismo, familiari e cari ai teorici del diritto continentali, e che egli risente inoltre – pur se moderatamente e con equilibrio – delle suggestioni della filosofia analitica, di cui Oxford, sede universitaria dello Hart, è uno dei centri maggiori. La filosofia analitica (cioè la filosofia neopositivistica che ha come suo principale strumento l’analisi del linguaggio) attira oggi infatti l’interesse di molti teorici del diritto che ritengono di poter trovare nel suo insegnamento di esattezza e di rigore nel pensare e nel parlare il mezzo per dare alla giurisprudenza quel carattere scientifico che essa va inseguendo da secoli.

Lo Hart si richiama, come si è detto, all’Austin, pur non accettandone totalmente la posizione; e preliminarmente accoglie da lui (e dal Bentham) la distinzione del diritto «quale è» dal diritto «quale dovrebbe essere», rappresentandola come distinzione del diritto dalla morale. Da ciò deriva un atteggiamento di rigoroso positivismo giuridico (espresso, per verità, più negli scritti minori e meno recenti che non nell’opera principale, The concept of law del 1961)64: ma non nel senso che questa espressione ha assunto nella seconda metà dell’Ottocento, ed in cui prevalentemente è usata, di riduzione di tutto il diritto a comando dello Stato, bensì in quello – da esso, almeno in astratto, distinto – di attribuzione al diritto, sul piano dell’indagine scientifica, di assoluta indipendenza da considerazioni di valore.

Appunto su questo terreno giuspositivistico ha luogo l’incontro tra lo Hart e il Kelsen. Dal Kelsen lo Hart accoglie, come concetto centrale del diritto, quello di norma, sostituendolo a quello austiniano di comando coattivo65, e nel diritto vede l’unione di due tipi di norme, le primarie, che impongono obblighi, e le secondarie, che attribuiscono poteri. Nella combinazione di questi due tipi di norme lo Hart ritiene che stia quella «chiave della scienza del diritto» che, egli dice, l’Austin, errando, proclamava di aver trovato nella nozione di comando coattivo66: errando, perché le norme «secondarie», in quanto attribuiscono facoltà, non rientrano nella categoria dei comandi.

L’esistenza di sole norme primarie, ossia di comandi posti da un’autorità sovrana, non varrebbe a costituire un ordinamento giuridico: perché questo possa esservi, occorre che si verifichi una situazione sociale più complessa, in cui per l’individuazione delle norme primarie che impongono obblighi (rules of obligation) sia accettata e usata una norma secondaria di riconoscimento (rule of recognition)67. Questa «norma di riconoscimento», che fornisce sia ai privati sia ai funzionari pubblici il mezzo per individuare le norme obbliganti, viene quindi a costituire il concetto centrale della dottrina dello Hart, nel cui seno esercita, almeno per certi



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